In quel 60% di possibilità di tornare a lavorare in Italia non c’è la Roma. Antonio Conte, intervistato dalla “Gazzetta dello Sport”, sembra definitivamente chiudere le porte a un suo approdo sulla panchina giallorossa. “Mi sono innamorato di Roma frequentandola nei due anni in cui sono stato ct della Nazionale – spiega – All’Olimpico senti la passione da parte di questo popolo che vive il calcio con un’intensità particolare, che per la Roma va fuori di testa, che vive ‘per la Roma’. Un ambiente molto passionale, che ti avvolge. Oggi le condizioni non ci sono ma penso un giorno, prima o poi, andrò ad allenare la Roma”. Per quanto riguarda un suo possibile ritorno alla Juve, “i matrimoni, per esserci, devono essere da ambedue le parti. Penso che la Juve abbia iniziato un percorso e penso che siano molto contenti di Allegri che sicuramente ha continuato il lavoro, sta facendo molto bene. Un domani non si sa mai”. E allora cosa vuole Conte? “Oggi se qualcuno mi chiama sa che io devo incidere, con la mia idea di calcio e con il mio metodo. Non sono un gestore, non credo che l’obiettivo di un allenatore sia fare meno danni possibile. Se pensano questo le società non mi chiamino. Trovo umiliante per la categoria – prosegue il tecnico salentino – sentire una cosa del genere. Io voglio incidere, perchè sono molto severo con me stesso. Poi ho un problema: la vittoria. Che sento come l’obiettivo del mio lavoro. Il percorso per arrivarci è fatto di lavoro, di sacrificio, di unità d’intenti, di pensare con il noi e non con l’io. Non ne conosco altri. Vale anche per Inter e Milan? Vale per qualsiasi squadra. Io devo avere la percezione di poter battere chiunque. Devo sentire che vincere è possibile. Altrimenti, senza problemi, posso continuare a restare fermo”.