Mobbing orizzontale: quando si configura e cosa dicono le sentenze

Il mobbing è una condotta caratterizzata da atteggiamenti e comportamenti di natura vessatoria, duratura, individuale o collettiva, che viene rivolta nei confronti di un lavoratore da parte di capi, colleghi, sottoposti.

Di qui, una prima suddivisione di questa spiacevole ipotesi. Possiamo infatti parlare di:

  • mobbing verticale, quando la condotta vessatoria è di un superiore gerarchico nei confronti del lavoratore;
  • mobbing orizzontale, se invece la condotta vessatoria è ad opera dei colleghi;
  • mobbing ascendente, se infine la condotta vessatoria viene realizzata da un sottoposto nei confronti di u superiore.

Cos’è il mobbing orizzontale

Più nel dettaglio, stando a quanto rammenta una sentenza del Tribunale di Firenze del 12 giugno 2019, il mobbing orizzontale è una condotta che può essere configurata ogni qual volta il datore, pur consapevole dei comportamenti scorretti che sono attuati nei confronti di un proprio dipendente, ometta di attivarsi e di adottare i provvedimenti più opportuni, con lo scopo di determinarne la cessazione.

Al riguardo, la pronuncia del tribunale toscano sottolineava come l’onere della prova gravi sul datore di lavoro che, pertanto, è tenuto a dimostrare di avere adottato ogni misura diretta a impedire la protrazione della condotta illecita.

Mobbing orizzontale e verticale

Intuibilmente, nella prassi giurisprudenziale sono molto più frequenti i casi di mobbing verticale e, in particolar modo, il c.d. “bossing”, ovvero le condotte di mobbing che hanno come preciso obiettivo quello di estromettere il lavoratore dall’azienda.

Il risarcimento del danno

Il datore di lavoro diventa pertanto responsabile del danno fisico e psichico che viene subito dal proprio dipendente nello svolgimento delle proprie mansioni. Dunque, è proprio il datore di lavoro che deve risarcire il danno, non solamente per aver compiuto delle azioni illegittime nei suoi confronti, quanto anche per avere omesso di agire al fine di evitare che gli altri dipendenti possano, con il loro comportamento illegittimo, porre in essere azioni illegittime nei confronti di un loro collega.

I giudici toscani sottolineavano infatti come il Codice civile faccia sorgere per l’imprenditore l’obbligo contrattuale di adottare, per la tutela delle condizioni di lavoro e della salute dei lavoratori, non solamente quelle misure che siano tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata, quanto anche quelle che sono dettate dalle comuni regole della prudenza, e quelle che si rendono necessarie per tutelare le condizioni di lavoro.

Per poter ottenere il risarcimento per mobbing orizzontale, rileviamo che il dipendente non può limitarsi a dimostrare le vessazioni subite, ma deve anche provare il danno alla propria salute psico-fisica, che ne è derivato.

In tal senso, la sentenza n. 6572/2006 della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ha previsto la necessità di dimostrare un evento ulteriore rispetto alla sola mancata sorveglianza da parte del datore di lavoro, quale il danno fisico o psicologico. Il risarcimento ha infatti come finalità quella di reintegrare il pregiudizio che è conseguente all’effettiva diminuzione del patrimonio del lavoratore.

In altre parole, il dipendente che ritiene di aver subito mobbing e che vuole agire nei confronti del datore di lavoro, deve dimostrare che questi era a conoscenza delle condotte illecite. Dunque, non spetta il risarcimento del danno da mobbing orizzontale se il lavoratore che si dichiara vittima di tale condotta non dimostra:

  • di aver subito un danno,
  • che il datore di lavoro fosse al corrente delle vessazioni inflittegli dai colleghi.

In altre parole, la responsabilità del datore di lavoro non può ritenersi oggettiva. Dunque, il risarcimento non può essere disposto senza la prova, da parte del dipendente, che il titolare fosse al corrente dell’attività persecutoria, dolosa, posta in essere dagli altri dipendenti.

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