Agnelli “Juve-Inter a porte chiuse? Priorità alla salute pubblica”

Da Sarri alla Var, dalla corsa scudetto alla Champions, passando per il futuro del calcio italiano ed europeo senza dimenticare la più stretta attualità, col rischio porte chiuse per le prossime gare a causa dell’allerta coronavirus. Andrea Agnelli, ospite di “Tutti Convocati” su Radio24, non si sottrae alle domande, compresa la possibilità che Juventus-Inter, big match scudetto in programma domenica sera, si giochi in uno Stadium senza pubblico. “Credo che in questo momento la priorità per il sistema Paese sia la tutela della salute pubblica e appoggeremo qualsiasi determinazione assunta in questo senso”, assicura il presidente bianconero, che esclude sia un rinvio (“l’interruzione del sistema sportivo è difficile, c’è un calendario intasato, anche perchè si è iniziato il campionato tardi e si è deciso di non giocare durante la sosta natalizia”), sia lo spostamento altrove (“è “estremanente complicato”). A proposito di scudetto, parole di grande stima per le avversarie di questa stagione, Inter e Lazio. “Conte è una bandiera juventina, un capitano juventino, è Juventus. Con Antonio c’è un rapporto cordiale, disteso come deve essere – dice Agnelli dell’ex tecnico bianconero – Nel contesto in cui viviamo siamo professionisti, ha accettato una sfida ambiziosa come quella di riportare l’Inter a vincere e avere un testa a testa con Zhang mi affascina”. Della Lazio, invece, Agnelli teme “la spensieratezza: non hanno l’obbligo di vincere, se riescono a traghettare marzo e aprile può essere un enorme vantaggio. Ma può essere anche il più grande nemico della Lazio, se dovessero incappare in qualche risultato negativo potrebbero essere soddisfatti della qualificazione alla Champions. Simone Inzaghi ha comunque fatto un grandissimo lavoro, bisogna vedere cosa cambierà quando scenderà in campo con l’obbligo di vincere. L’Inter questa spensieratezza non ce l’ha, con l’arrivo di Conte si è caricata dell’obbligo di vincere”. Ma Agnelli guarda soprattutto alla sua Juve e il voto ai primi sei mesi della stagione è “ottimo. Siamo primi in campionato, agli ottavi di Champions e in semifinale di Coppa Italia. L’unica sbavatura l’abbiamo avuta con la Supercoppa italiana. E’ mia abitudine valutare una stagione alla fine ma non posso che constatare i vari passaggi. Pensare di poter vincere tutti gli anni a febbraio è sciocco, arrivare a questa fase della stagione primi in classifica è un buon punto di partenza”. Piena fiducia in Sarri, dunque. “Con Allegri amicizia e stima sono rimaste intatte. Le valutazioni, però, sono state diverse e hanno portato a una scelta di cambio di guida tecnica. L’applicazione di un modello tecnico come quello di Sarri era la modalità che per noi avrebbe potuto garantire il risultato finale. Volevamo Sarri e abbiamo preso Sarri”. Le voci su Guardiola lasciano il tempo che trovano. “Non pensare a Guardiola sarebbe un’eresia ma in questa fase è felice dov’è e noi siamo felici con Sarri”, taglia corto il presidente della Juventus, contento di ritrovare Chiellini (“La sua assenza si è fatta sentire”) e pronto a ritrovare la Champions. “Arriviamo alla sfida col Lione con grande rispetto e grande consapevolezza dei nostri mezzi. Ho visto una squadra in grande crescita e arrivano ora gli appuntamenti per cui si stanno preparando dall’estate, sono le partite che vogliono giocare”. E sul sogno Champions precisa: “‘Bisogna vincere’ è un imperativo, un obiettivo non è imperativo. Siamo passati da iniziare la stagione nutrendo un sogno a trasformarlo in obiettivo e questo ci deve rendere orgogliosi”. Capitolo mercato. Certe scelte di Paratici sono finite sotto accusa ma il presidente juventino lo difende. “E’ un grandissimo dirigente, lo ha dimostrato negli anni scorsi e lo sta dimostrando tutt’ora. A differenza del passato, è sotto i riflettori ma bisogna valutare anche il percorso di un dirigente come Fabio e non è sotto esame”. Sui nomi accostati alla Juve, invece, non si sbilancia: “Se guardo alle speculazioni, dovremmo acquistare 50-60 giocatori all’anno. Una squadra si costruisce con una determinata logica, molti giocatori sono felici dove sono. La nostra ambizione è continuare a crescere anno dopo anno”. Dici mercato e pensi alla clausola che permetterebbe a Messi di lasciare a fine stagione il Barcellona. “Me l’hanno detto…”, scherza Agnelli, che si augura l’arrivo in Italia del fuoriclasse del Barça. “Se le prime cinque società in Italia, Juve, Inter, Milan, Roma e Napoli, avessero tutte un campione come Ronaldo o Messi, sarebbe un beneficio di spettacolo per il campionato italiano e per il riposizionamento del campionato italiano all’estero. Il problema è l’estero, se all’estero provate a guardare una partita di serie A è una via Crucis senza destinazione. Ronaldo – ricorda – è stato il primo giocatore per cui abbiamo fatto una riflessione congiunta, area sportiva e area ricavi. Effettivamente ha spostato il riconoscimento del brand Juventus a livello globale, siamo a un passo dall’essere il quarto club per numero di followers sui social”. E a proposito di ricavi, “il percorso di crescita fuori dal campo soddisfa ampiamente la storia recente. Ma la differenza fra noi e gli altri grandi club europei è lo stessa che c’era 10 anni fa. Noi scontiamo il riconoscimento della parte della Lega domestica: come diritti tv la crescita della Juventus è stata zero. La differenza la fa l’aspetto meritocratico perchè se contano le presenze negli stadi allora viene a mancare un vero meccanismo premiante”. Nel complesso “sappiamo che questo era un anno di trasformazione ma ho la consapevolezza di avere una squadra, in campo e fuori, che possa portare avanti il piano presentato per mantenere la competività e aumentare il fatturato”. E a questo proposito, Agnelli torna sulla Superlega e sulle polemiche dei mesi passati. “Il modello presentato l’anno scorso è stato giudicato per la parte più alta del meccanismo piramidale. Ma è stato un momento di confronto utile. La questione non è cambiare modello di accesso ma per evitare che i giovani, fra 10-15 anni, si allontanino dal calcio bisogna capire cosa li attrae e ad attrarli sono le grandi sfide”. Per quanto riguarda la serie A, “l’Italia non è un limite per squadre come Juve e Inter ma dobbiamo ricominciare ad avere un piano di crescita per il calcio italiano, c’è tantissimo valore che può essere estratto”. Infine la Var e le polemiche arbitrali. “La Var mi piace. Ero favorevole prima, lo sono oggi e lo sarò ancora domani. Bisogna ridurre il margine di errore di quello che è un servizio del calcio, più si riduce, più è il successo. Le parole di Commisso? Mi hanno fatto piacere. Mi ha fatto un favore perchè hanno fatto capire a Sarri cosa significa essere Juventus, come si può scatenare una violenza mediatica su di noi”.
(ITALPRESS).

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