I CAMPIONATI VANNO CHIUSI, NEL FRATTEMPO FILM IN TV

Come tanti, in tivu’ ho sostituito le partite di calcio con i film. Non mi rallegra rivedere certe ambiziose partitissime d’attualita’, che in realta’ non fanno storia, ne’ le cosiddette classiche d’antan che per fortuna ho visto e raccontato dal vivo e che ora mi offrirebbero soltanto momenti di acuta nostalgia se non il rimpianto del bel tempo perduto. Sono abituato a guardare avanti e mi ha rincuorato la decisione degli inglesi di far concludere la Premier League, il campionato piu’ popolare del mondo, nei termini che personalmente ho indicato per i nostri tornei, a cominciare dalla Serie A: attendere le decisioni governative per il “libera tutti” eppoi finire la stagione interrotta nella data possibile. Voglio vedere come potrebbe l’Italia obbedire ai predicatori di depressione che odiano il popolarissimo gioco del pallone se non chiamandosi fuori dall’unica Europa che per ora funziona: l’Uefa. Nel frattempo – come dicevo – film in tivu’.
E’ andato in onda sere fa un film che ho realizzato insieme all’amatissimo Maestro Pupi Avati una trentina d’anni fa – “Ultimo minuto” con un Tognazzi sensazionale – e mi e’ parso di rivivere una favola anche se in realta’ era nato per denunciare un malessere. Poi ho ricevuto, fra le tante, una mail del lettore Massimo Moletti che mi dice: “Caro Cucci, tra le tante brutture della tv moderna qualcosa di positivo si vede: in questo periodo di coronavirus si ha piu’ tempo per guardare la tv e in questi giorni sto guardando uno dei buoni progetti del gruppo Mediaset (cine 34 ), un canale interamente dedicato al cinema italiano…”. Viva il cinema italiano, sicuro. Un giorno raccontero’ le mie esperienze rivisitando l’amicizia con un attore italiano popolarissimo. Ma mi permetta di dire che l’isolamento mi ha consentito di vedere l’altra sera un capolavoro che forse inconsciamente avevo perduto per non rivangare un immenso dolore: dico del “Pianista” di Roman Polanski. Confesso che con l’aria che tira e la legittima voglia di spensieratezza avrei preferito continuare il mio imperterrito rapporto endless con la “Signora in giallo”. Ma ho fatto bene: a volte la sofferenza produce tenerezza. Cosi’ e’ stato rivivendo una storia di guerra fra il ’39 e il ’45, fra il ghetto ebraico di Varsavia e le deportazioni nei campi di concentramento, con protagonista un grande pianista e un ufficiale tedesco che resta affascinato dal suo Chopin. Una storia vera che ha risvegliato in me l’orrore di una visita a Auschwitz dove, superato quel cancello con la famigerata scritta “Arbeit Mach’s frei- il lavoro rende liberi”, arrivava all’ultima fermata il treno dei deportati. E li’ – mi racconto’ un custode – le famiglie venivano disgregate, da una parte gli uomini, da un’altra le donne spesso separate dagli “inutili bambini”. Dopo quella visita, pur girando il mondo fino alla Cambogia di Pol Pot e i tanti luoghi delle stragi belliche, Hiroshima compresa, non ho mai trovato i segni di una crudelta’ piu’ efferata e bestiale. E puo’ capitare che un film come “Il pianista” ti consoli dei giorni di morte che stai vivendo.

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