Immobili, Paese rallenta ma il mattone tiene

Sembra un’epoca lontana, ma fino a tre mesi prima della deflagrazione della “bomba” Coronavirus, il mercato immobiliare in Italia stava dando segnali di tenuta, nonostante la mancata crescita del Paese. Nonostante i prezzi ancora in calo del 2,77 – tranne città come Milano, Bologna e Napoli -, il numero delle compravendite (603 mila, pari a +4%) e le transazioni immobiliari intermediate dagli agenti immobiliari professionali (+22%) faceva infatti ben sperare in vista del futuro, anche perché l’investimento sul mattone rimaneva senz’altro tra i più remunerativi per i cittadini e per le famiglie italiane. A scattare la fotografia è stato il Report immobiliare urbano Fiaip, in collaborazione con Enea e I-Com. Oltre alla diminuzione dei prezzi delle case (-2,77%), nel 2019 si è registrato un segno meno per il segmento commerciale (-4,13%), per quello degli uffici (-4,39%) e dei capannoni ( -5,27%). Per quanto riguarda le locazioni, rispetto all’anno precedente, si fotografa un aumento dei volumi del +3% grazie a un incremento dei contratti con cedolare secca, transitori e a canone concordato. “C’è voglia di casa in Italia e, se non ci fosse stata l’emergenza pandemica, sarebbe stato un altro anno buono per comprare immobili a prezzi che, nel corso del 2020, si sarebbero potuti ulteriormente stabilizzare. L’investimento sul mattone – sottolinea Mario Condò de Satriano, presidente del Centro Studi Fiaip – è risultato senz’altro tra i più remunerativi per i cittadini e per le famiglie italiane, ma nel 2019 abbiamo registrato un ritorno di investitori nazionali ed internazionali interessati all’acquisto immobiliare, visti i prezzi in ribasso e i tassi di interesse dei mutui ai minimi storici. Come Fiaip riteniamo che la ragione di questo ritrovato interesse per il mattone sia dovuto anche alla crescente mancanza di fiducia nei confronti del sistema finanziario e agli scarsi rendimenti di investimenti quali obbligazioni e depositi bancari”.
“Aumenta del 22%, nel 2019, il numero delle transazioni operate mediante agenti immobiliari – dichiara il presidente di Fiaip Gian Battista Baccarini -. Per far ripartire l’immobiliare e l’economia sarebbe stato auspicabile, oltre all’introduzione della cedolare secca per tutte le tipologie di contratto, un Piano Nazionale di riforma strutturale per l’intero comparto attraverso una riduzione reale della tassazione e un riordino complessivo della fiscalità immobiliare finalizzato a rendere il nostro Paese più attrattivo sia per gli investitori italiani che stranieri”. La chiusura delle attività per due mesi a causa del Coronavirus e la mancanza di provvedimenti ad hoc sull’immobiliare – evidenzia il rapporto -, mettono a rischio 200.000 posti di lavoro nella filiera immobiliare. La totale paralisi della filiera immobiliare, infatti, si innesta su un comparto già in forte crisi dal 2011, dove, nel silenzio generale della comunità economica e politica, si sono già persi oltre 700.000 posti di lavoro. La chiusura dei cantieri e delle agenzie immobiliari, hanno infatti azzerato il numero dei contratti di compravendita e di locazione nel mese di aprile e questo trend proseguirà fino all’inizio della Fase 2.

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