Decreto maggio, serve una manovra per il lavoro

Non è rassicurante la discussione presente nel governo che si sta esercitando a come ‘aiutare’ imprese e lavoratori sfibrati dalla inattività di questo bimestre è sicuramente per i mesi che verranno, a causa della pandemia che alimenterà sicuramente nuovi problemi. E intanto si parla di stanziamenti a fondo perduto a favore di imprese in difficoltà e di ‘reddito di emergenza’ per lavoratori. Prima di ogni considerazione, occorre assolutamente ricordare che qualsiasi risorsa il governo vorrà impiegare, sono quantitativi di denaro da prendere in prestito che peraltro si sommeranno al monumentale debito pubblico che già ci fa superare uno degli esclusivissimi primati a livello mondiale tra i paesi più pericolosamente indebitati con l’economia stagnante da almeno 20 anni. Va ricordato, un debito che da un decennio circa che non è stato mai assottigliato e che anzi ha conosciuto solo progressivi ingiustificati aumenti.

L’altra considerazione è che chi come noi è nelle condizioni di forte indebitamento (oramai stiamo raggiungendo il 160% del PIL), ogni euro che dovrà spendere dovrà strettamente avere il carattere di investimento e non di assistenza. Questa teoria, applicata all’Italia, non soltanto rispecchia una limpida posizione di scuola economica, ma è soprattutto una raccomandazione necessaria a che non si arrivi a esporre il paese ad un drammatico rischio di default dello Stato. Altra cosa è la logica di prestare soldi alle imprese, responsabilizzandole circa il progetto economico finanziario che verosimilmente permetterà loro di poter navigare nei mari in tempesta della competizione di mercato. Invece l’eventuale fondo perduto per le imprese, potrà solo pericolosamente tramutarsi in una operazione che aumenterà il numero dei navigli che non sapranno stare in mare per ragioni persino troppo ovvi. Riguardo al reddito di emergenza, che dire se non rifarsi al detto arcinoto latino “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. A scanso di equivoci, le persone vanno aiutate, ma devono lavorare e formarsi realmente a lavorare. Le nostre città hanno giardini, alberi, strade, musei, archivi, e tantissimi altri interessi pubblici incustoditi; se si vuole aiutare con soldi pubblici persone bisognose, esse devono essere utili ai bisogni pubblici.

Il governo quindi stia attento al carattere rigorosamente produttivo da dare ad ogni manovra che dovrà rassegnare al Paese. Ma stia molto attento anche a non dare ragione ai tanti altri paesi europei, convinti che i governi italiani, appena possono, dissipano risorse pubbliche prese in prestito per farsi belli agli occhi dei loro clientes, e non invece a costruire premesse concrete per il rilancio di una economia italiana già palesemente boccheggiante.

Raffaele Bonanni

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