Ponte sullo Stretto, l’eterno ritorno

Alla domanda posta sulla fattibilità del ponte sullo Stretto, il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte ha risposto con diplomazia, affermando che non ha pregiudizi e che ne discuterà in seguito, anche se le opere da fare in altre zone d’Italia sono altrettanto importanti. Ma la verità è che si è già scatenata la contrarietà al ponte a partire da Beppe Grillo, che qualcosa pur conterà nel MoVimento 5 Stelle. La questione della costruzione del ponte è stata riaperta giorni fa da Matteo Renzi, dopo che negli anni, ciclicamente, ogni volta che la questione è stata ripresentata, puntualmente si è visto costituire un “rassemblement” agguerrito di oppositori: ognuno con una motivazione diversa e che comunque ha portato l’opera fuori da ogni orbita di impegno governativo. Tra i contrari, alcuni hanno sentenziato che le opere necessarie per la Sicilia, la Calabria e il Sud sono altre, e che bisogna evitare sprechi. Ma nel Sud, isole comprese, non si investe da quando si è rimossa la Cassa del Mezzogiorno. Poi ci sono quelli che paventano le mani della mafia sulla eventuale costruzione, ma è la posizione più incredibile: equivale a dire che il meridione non dovrà esistere.

Poi ci sono i cinici, e bisogna ammettere che sono tra i più sfacciati: affermano che l’opera è tecnicamente non realizzabile e comunque rischiosa. Insomma per analizzare ogni faccia della avversione, richiederebbe tempo e potrebbe portare a conclusioni che forse è meglio non sviluppare qui, per non arrivare a conclusioni non facilmente dicibili. Penso che, passati tanti anni senza risultato, si può affermare senza timore alcuno che il tema è solo uno: quando c’è di mezzo un investimento al Sud, tutto congiura per non fare nulla. Insomma è una storia vecchia come il tempo passato dall’unita d’Italia ad oggi. Non è stato così per le ferrovie? E i porti? Poi possiamo citare le autostrade, gli acquedotti, gli elettrodotti, la banda larga, etc, etc, etc. Basti vedere nell’ultimo trentennio quante opere sono state realizzate a nord e a sud per capire che qualcosa non va. E intanto in qualsiasi altra parte del mondo le cose si fanno eccome! In condizioni normali, i popoli nella storia sono portati ad intraprendere grandi realizzazioni in ogni epoca. Venti anni fa si è potuto realizzare il più lungo ponte d’Europa che collega la capitale danese Copenaghen con la città svedese Malmoe; in Brasile si è collegata la terra ferma con l’isola di Florianopolis.

A Istanbul circa trenta anni fa si è edificato un grande ponte che ha collegato le due sponde turche dall’Asia all’Europa; il Golden Gate bridge di San Francisco ha unito le due punte della sua baia, per circa 3 km di ponte, solo per citare alcuni. Eppure la Sicilia ha un mercato di 5 milioni di abitanti ed è la porta del nord Africa; 2 milioni ne ha la Calabria e altri 10 milioni il Sud continentale, che potrebbe incrementare significativamente i propri flussi commerciali. Vorrei fare un esempio: Il ponte che collega Svezia e Danimarca interessa 15 milioni di persone. Ci vogliamo domandare del perché lì scatta la spinta del fattore economico e nello stretto italiano no? A questa domanda bisognerà pur dare risposta, soprattutto in questi particolari frangenti che stiamo vivendo. Si dice che questo è un tempo straordinario e che bisogna saper reagire cambiando le rotte infauste seguite nell’ultimo ventennio; allora si realizzi il Ponte sullo stretto che ci potrà riportare nel novero dei popoli che sanno osare. Lo si compia anche perché quell’area vasta del nostro paese ha bisogno di tornare nella logica dello sviluppo, ed è proprio quello che occorre per la economia nazionale che vede una distanza economica sempre più profonda tra nord e sud. Ma a pensarci bene, il solo fatto di sfidarci con una opera ardita, di per sé basta e avanza per dimostrare di essere ancora capaci di affrontare con fiducia il futuro che dipende proprio da noi.

(ITALPRESS).