Scariolo “Negli Stati Uniti il razzismo è un problema reale”

“Negli Stati Uniti il razzismo è realmente un problema, come quello della violenza della polizia. La scelta di Milwaukee, però, non è stata felice: i giocatori hanno fatto tutto da soli, avrebbero dovuto coinvolgere le altre squadre”. In un’intervista a ‘La Repubblica’, Sergio Scariolo, attuale assistant coach dei Toronto Raptors campioni in carica dell’Nba, parla del momento particolare che sta vivendo, nella ‘bolla’ di Orlando, il basket americano, fermatosi in segno di protesta contro le violenze della polizia nei confronti dei neri. “Qui viviamo nella precarietà, con il rischio di casi di positività al Covid – spiega il 59enne coach bresciano, ex ct della Spagna argento ai Giochi 2012 e tre volte sul tetto d’Europa – Questa, invece, è stata una situazione nuova: il tema delle rivendicazioni razziali sembrava un po’ addormentata perché si erano ottenuti risultati, grazie alle piattaforme social dei giocatori ma, purtroppo, un delinquente, un razzista, un pazzo ci sono dappertutto, non si poteva prevedere ma alla fine è successo”. “I miei giocatori sono tra i più razionali, consapevoli dell’emotività del momento, anche perché negli Stati Uniti il razzismo è veramente un problema – prosegue l’ex coach di Fortitudo Bologna e Real Madrid – Però bisogna utilizzare la razionalità. I gesti spontanei non portano grandi risultati in tempi immediati”. I giocatori di Milwaukee, infatti, hanno scelto da soli di non giocare: “Questo è stato il loro grande errore, avrebbero dovuto coinvolgere tutti gli altri. Nell’assemblea di giovedì si sono scusati più volte, non è stata chiaramente una decisione felice. Altri giocatori ci stavano già pensando…”. LeBron James è considerato il simbolo di questa lotta: “E’ forse il giocatore con la piattaforma di comunicazione più ampia di tutti, e con grande coscienza sociale la utilizza, ma anche LeBron non può ottenere nulla da solo. Noi nel nostro microcosmo lo vediamo come un essere onnipotente, ma dal punto di vista di chi comanda il mondo molto meno”. Cosa può fare la Nba è presto detto: “Promuovere investimenti nelle zone più ghettizzate, più tenute nell’ignoranza, con meno possibilità di promozione sociale. Spingere per una riforma della polizia perché abbia finalmente più educazione e formazione mentale e sociologica. Più lì che sulle armi, che hanno dimostrato, diciamo, di saper usare. La chiave sono i proprietari delle franchigie, persone molto facoltose. Anche se alcuni sono trumpiani o repubblicani, nessuno può permettersi di non essere d’accordo sulla lotta al razzismo”. Il presidente Donald Trump, intanto, ha definito la Nba una organizzazione politica: “È una definizione pre-elettorale, non credo sia azzeccata. La tendenza a politicizzare i problemi è comune a tutto il mondo, dal punto di vista europeo dobbiamo avere un po’ più di prudenza, non ci rendiamo conto che negli Stati Uniti il problema razzismo è assolutamente reale come la violenza della polizia”. C’è un impasto diffuso di violenza e razzismo: “Bisogna vivere qui per capire che il razzismo esiste, non solo verso i neri. Anche verso gli ispanici. Il suprematismo, purtroppo, fa parte della cultura americana. È una nazione molto giovane dal punto di vista della teorica giustizia razziale. Le leggi razziali – termina Scariolo – sono state abolite quando nascevo io, voglio dire, in tempi relativamente attuali. Guardarla con l’occhio europeo non aiuta”.
(ITALPRESS).