Democrazia e trasparenza contro le fake news su Covid e vaccini

Si è detto più volte che nell’attuale mondo, reso un villaggio dalla potenza delle nuove tecnologie digitali e dai sistemi di collegamento in genere, seppur siamo avvantaggiati fortemente da una enorme massa di informazioni possiamo tuttavia essere assoggettati e confusi da notizie dalla dubbia provenienza, ed ancor peggio da una falange di informazioni intenzionate a confondere pericolosamente quel nostro bagaglio personale di buone nozioni e convinzioni che contribuiscono a interpretare ogni fenomeno che si presenta a noi. Ormai da tempo assistiamo a questo fenomeno, fortemente influenzato dalle guerre non dichiarate attraverso piattaforme segrete dei paesi più potenti, dalle pressioni subliminali tendenti a svegliare i turbamenti del nostro inconscio lanciate dai loro “presidi” di gestione dei social ed altre strutture di comunicazione culturale, dagli stessi partiti politici, come accade anche in Italia, nella ricerca spasmodica di screditare gli avversari o di accreditare opinioni più o meno vere. Nel lungo ed estenuante periodo di pandemia, abbiamo potuto ancor più che nel passato renderci conto come le fake news possano essere insidiose per disorientare le persone ed alimentare psicosi, rabbia, convinzioni infondate. Le ultime vicissitudini sulla idoneità dei vaccini in generale sono la dimostrazione di come possano influenzare comportamenti delle persone e addirittura gli orientamenti dei singoli Stati. Il polverone che ha colpito Astrazeneca, indicata responsabile di trombosi così come i sospetti caduti successivamente su Johnson & Johnson per lo stesso motivo, hanno dato un saggio di come si possano gonfiare oltre misura le cautele sulla vaccinazione pur in presenza di un sparutissimo numero di malori avuti tra milioni di vaccinati, che probabilmente potrebbero rientrare più nella statistica dei colpiti correntemente da quella patologia, che provocati dai vaccini. E intanto questa bolla mediatica ha spinto molti a rifiutare la vaccinazione, mentre i programmi tanto necessari per raggiungere finalmente la immunità di gregge si procrastineranno ancora una volta più in là nel tempo, con danni incalcolabili per le vite umane e per i costi economici della la sanità e per la ripresa piena della produzione di beni e servizi. Se poi dovessimo tornare ai primi mesi della pandemia, potremmo facilmente ricordare il fenomeno di depistaggio del negazionismo promosso da certi ambienti con “bufale”, poi non potendo negare la evidenza scientifica e di esperienza si sono subitamente adattate alla incessante richiesta di riaperture di tutte le attività, al di là di ogni oggettiva valutazione di rischi e opportunità. Ebbene, questi fatti ci possono spingere facilmente a richiedere, come accade, norme draconiane come deterrente, ma dobbiamo stare attenti ad allestire soluzioni persino peggiori del male che vogliamo combattere. E certamente importante responsabilizzare con sistemi efficaci e stringenti le big tech, con accordi e normative stringenti, come la stipula diffusa di accordi internazionali tra Stati per la sorveglianza degli abusi e uso distorto della rete. Ma una legislazione nazionale draconiana sulle fake news di natura penale, come taluni chiedono, estesa oltre i reati già previsti, potrebbe così pesantemente agire nella concretezza al punto da trasformarsi in censura. D’altronde si sa, essendoci convinzioni sempre più larghe di cittadini che vivono la “informazione storica” come mezzo al servizio dei poteri forti, è meglio consolidare l’idea che il pluralismo dialettico nella “rete” può sviluppare positivamente il senso critico dei cittadini, quale barriera per filtrare notizie dubbie. Si potrebbe dunque dire che la verità assoluta, non potendola assicurare nessuno, è più saggio affidarla alle complessi ma più sicure vie della Democrazia e alle sue realtà vive da tenere sempre più efficienti e vigili.

Raffaele Bonanni