Trenta Righe di Raffaele Bonanni: UNA GIUSTIZIA GIUSTA FUORI DA LOGICHE TIFO

In questi giorni si sono aperte qui e lì inchieste giudiziarie, e sono stati indagati e arrestati amministratori pubblici e politici. Queste notizie riportate e ventilate così insistentemente dai media mi lasciano l’amaro in bocca per più motivi. In primo luogo emerge per l’ennesima volta che la corruzione e l’illecito sono ben lontani da essere stati ridimensionati nel nostro Paese. Nonostante Tangentopoli, la catarsi invocata 25 anni fa, provocata per liberarci dalle impurità nella vita pubblica, nonostante le varie authority – non ultima quella sugli appalti -, e anche con il cambiamento radicale dei soggetti politici e dei suoi leader, pare in certi casi che la corruzione o la percezione di essa abbia subito un significativo aggravamento.

In questi frangenti è naturale che in ognuno di noi si generi un moto di sdegno che ci condiziona nella percezione di questi fenomeni. Ma non sarei sincero se non dicessi anche dei dubbi che mi assalgono; non che quello che viene fuori non sia del tutto vero, ma di come queste verità -intere o metà che siano – spesse volte vengono fuori. Siamo in campagna elettorale, e non è indifferente come vengono catapultati sul terreno politico.

Non dico ovviamente che queste presunte illegalità debbano essere nascoste, oppure non vadano perseguite. I reati sono reati e vanno puniti. Ma sono convinto nello stesso modo che nella gestione mediatica, prima di una condanna, per senso di giustizia e per ossequio agli interessi generali, occorra una sufficiente responsabilità nel rispettare forme e sostanza consone alle leggi orientate dallo Stato di diritto. Ad esempio, il caso venuto alla luce in questi giorni dell’assoluzione piena dell’ex sindaco Marino, fa ben capire che certi movimenti, fatti in momenti particolari, per norme non scritte, ma che sono ormai prassi, possono determinare cambiamenti politici non provocati dal voto, ma dal moto di sdegno derivato anche da una sola indagine e da un avviso di garanzia.

Il povero Marino venne indagato (pensate un po’) , per qualche cena avuta e contestata per non essere stata fatta per ragioni di rappresentanza: questa dunque fu l’accusa. Da questa iniziativa, si scatenò una grande offensiva non solo di oppositori, ma anche addirittura dei consiglieri del suo partito per effetto della pressione mediatica, che insieme ad alcuni altri, per ottenere la dimissione del Sindaco di Roma, si recarono addirittura dal notaio. Casi di questo genere ne sono accaduti molti in questi anni; infatti una quantità importante di giunte regionali, comunali, oltre che singole personalità di governo, hanno dovuto prima del tempo di scadenza del loro mandato elettorale, abbandonare il loro compito.

Non c’è bisogno, in questi casi, di descrivere i danni gravi per la credibilità delle istituzioni, della democrazia, ma anche della giustizia. Mi chiedo molto spesso fino a quando nel nostro paese, al di là delle posizioni di ciascuno, la tifoseria sarà l’unico sentimento ad orientarci e non il pensare che una azione sbagliata commessa ai danni del mio avversario potrà capitare dopo anche a me. So che quando raggiungeremo questa maturità, l’Italia sarà più civile e avrà risolto ogni suo problema; della giustizia giusta, del funzionamento dello Stato, della democrazia, dell’economia.

Raffaele Bonanni