INTER E JUVE AFFIANCATE MA OCCHIO ALLA LAZIO

Conte ce l’ha fatta, ha agguantato la Juve. Non solo: ha mortificato il Sarrismo elevato a religione dagli incensatori a voce libera. La Juve è caduta a Verona, subendo anche una lezione di calcio, l’Inter ha conquistato un derby romanzesco sottraendolo al Milan in costruzione in pochi minuti con Brozovic e Vecino (51′ e 53′: magie) e addirittura strappandoglielo con De Vrij al 70′. Fino al trionfante sigillo di Lukaku.
L’ubriacante avvio dei rossoneri con i gol di Rebic al 40′ e addirittura l’autografo di Ibrahimovic al 46′ ha solo contribuito al risveglio della Beneamata addormentata. Adesso si ripartirà con le due nemiche alla pari che si picchieranno fino allo sfinimento. Ma dovremo tenere presente, sempre, il terzo incomodo, la Lazio che non piange e non esulta, che avanza serena dalle retrovie del mondo dorato, senza strafare, estranea agli affaroni e ai ripensamenti di gennaio. Il calcio italiano, se i mandolinisti permettono, è qui…
C’è una novità. In Italia come in Spagna, dove Real e Barça sono stati sbattuti fuori dalla Copa del Rey dalla Real Sociedad e dal Bilbao. La novità è che il fatturato non fa più punti con l’abituale prepotenza. Cosí la Juve vien messa sotto e castigata – nonostante un Ronaldo in grande spolvero – dal Verona che in sei giorni è uscito indenne anche dagli scontri con Milan e Lazio. Cosí il Napoli, cresciuto a mozzarella e fatturato, nel senso che fu proprio De Laurentiis a inventarsi l’inghippo economico per giustificare certe amare sconfitte (e fornire involontariamente alibi ai tecnici) è stato letteralmente violentato dal Lecce che da quando ha incontrato Conte s’è caricato d’intensità, di rabbia, di potenza. E non dico del Bologna che stende la Roma perché la Roma è ormai nel gruppo di quelle squadre che chiamavamo provinciali, gli va già bene se pensano all’Europa League. Ma c’è un’altra novità: i Verona e i Lecce non appartengono più al filone retorico delle provinciali coraggiose da una botta e via (chi non ha sognato di far fuori una volta, almeno una volta, la Beneamata e l’Odiamata?), non si scomoda più Davide che abbatte Golia, si prende piuttosto nota che non bastano soltanto i campioni, a fare la differenza, perché se non li hai funzionano competenza, lavoro, fantasia, spirito di gruppo e la capacità di tecnici che non sono soltanto i reclamizzatissimi Conte e Sarri, possono chiamarsi semplicemente Juric, Liverani, Nicola, oppure – salendo un po’ la scala dei valori – Mihajlovic, De Zerbi, Ranieri, fino al migliore del suo mondo, Gasperini, e al migliore sul campo, Simone Inzaghi. Tutta gente che col fatturato non c’entra, tecnici che non sbagliano la formazione a luglio e la rifanno a gennaio. Non so quanto potrà tenere – soprattutto quanto dovrà difendersi dagli influssi maligni di un mondo anti Lotito – ma la vera protagonista di questo mezzo campionato degli outsider è la Lazio.

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