C’ERA UNA VOLTA UN’ALTRA OLANDA

Ho letto sul “Sole24Ore” la scandalosa storia dell’Olanda, straricco paradiso fiscale che succhia soldi anche alla povera Italia “ospitando” alcune nostre grandi aziende, e ho preso nota una volta di piu’ del vuoto di solidarieta’. Il suo governo, infatti, e’ quello che si e’ battuto di piu’ per negarci un vitale soccorso economico. Raccontato come il Paese di mille liberta’, e licenze, forte del ricordo di Rembrandt e di Van Gogh, ma anche di Johann Cruijff e Marco Van Basten e delle ragazze in vetrina di Amsterdam rivaleggia esteriormente con la Francia, con Parigi. E’ una storia che mi piace ricordare. Perche’ e’ cambiata. C’era una volta un’altra Olanda. Desiderai tanto conoscerla dopo aver visto a teatro, a Livorno, nel 1957, “Il diario di Anna Frank”. C’erano Romolo Valli, Elsa Albani, Anna Maria Guarnieri (Anna Frank), Diana Torrieri, Luca Ronconi, Renata Mauro, Mario Maranzana, Ferruccio De Ceresa; regia di Giorgio De Lullo, aiuto regista Lina Wertmu’ller, il meglio del teatro italiano, la Compagnia dei Giovani. Li ho poi conosciuti tutti personalmente. E non ho mai dimenticato l’emozione di quella serata al Teatro “La Gran Guardia” quando una pattuglia di soldati tedeschi scopre la soffitta dov’era nascosta Anna: un immenso grido di dolore, e pianti, come se la scena fosse vera, la risposta di tanti ebrei livornesi alla tragedia vissuta solo pochi anni prima. Uno di loro, mio compagno di liceo al “Niccolini”, mi disse amaro che a quel tempo il governo olandese aveva rifiutato di pagare a Hitler la liberta’ di migliaia di ebrei che furono poi spediti nei lager. Non volli crederci.
E finalmente approdai a Scheveningen per un concentramento del calcio giovanile europeo: era il 1963, l’Ajax di Rinus Michels e di Cruijff era ancora di la’ da venire ma era gia’ ammirabile l’organizzazione calcistica. Scendevi con l’aereo su Schiphol e vedevi decine di campi da gioco, incrociavi le loro squadre e notavi innanzitutto la forza dei vivai. I giovani innanzitutto. Anche perche’ un giovane, un bambino, era l’eroe nazionale: quell’Hans che aveva infilato un dito nel buchetto che si era creato sulla diga impedendo che il mare sommergesse il suo paese. Una leggenda, ma anche un segnale di eroismo civile che realizzava le fondamenta della societa’ e della cultura. Poi nacque il mitico Ajax e tornai in Olanda per godermi le sue imprese e naturalmente quelle della nazionale almeno fino al ’74, quando fu come spenta dalla Germania nella finale di Monaco. E quando la ritrovai in Argentina, nel ’78, le fu negata la vittoria e si appassi’. In quel tempo venne a farmi visita un simpatico signore olandese che propagandava e vendeva gadget calcistici, magliette di Cruijff e compagni in testa. Si chiamava – si chiama – Apollonius Konijnenburg, una barba alla Crusoe e una capigliatura debordante rivelavano solo due occhi furbi e un sorriso accattivante. Lo persi di vista in un momento in cui avevo lasciato il calcio, lo scoprii procuratore e padrone di Rijkard, Gullit e Van Basten. Me ne parlo’ con ammirazione anche Berlusconi.
Poi la favola cambio’ eroe: se andate a cercare il suo nome troverete subito che “dopo Apollonius fu Raiola”. Dopo l’artista la macchina da soldi. L’uomo che e’ diventato piu’ ricco non solo dei suoi Pogba, Balotelli, de Ligt e compagnia ma anche di tanti presidenti che si sono serviti della sua potenza mercantile. Un rinomatissimo e venerato Signore del pallone che ha realizzato il prodigioso salto dalla pizza al miliardo, dal McDonald al Paradiso. Fiscale. Perche’ non chiedergli aiuto?

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