Che tristezza se il vaccino non è per tutti

Libertè, egalitè, fraternitè. Erano stati i francesi, più di due secoli fa, i padri del marketing dei valori dell’Occidente moderno. Sulla fratellanza e soprattutto sulla libertà, specie in epoca Covid, si potrebbe discutere molto. Ma l’uguaglianza, con il virus, è andata davvero in rianimazione etica. L’oggetto della discordia è questo, è l’ennesimo annuncio ambiguo della nostra epoca malata di enunciazione perpetua. La multinazionale francese del farmaco, Sanofi, sta lavorando intensamente a un vaccino contro il coronavirus. Ma in caso di successo, il prodotto andrà prima gli americani. Uno schiaffo pubblico alla grandeur francese e a quello che rimane dell’orgoglio europeo. Motivo? I soldi ce li hanno messi gli americani e a loro spetta dunque di diritto, se non altro economico, il frutto del successo. Dopo una giornata di dichiarazioni e contro-dichiarazioni, tra l’arrabbiatura del Presidente Macron e le parziali rassicurazioni dei manager della Sanofi, le cose sono rimaste come prima. Ci vorranno, serrando i tempi, 18-24 mesi per un vaccino, e quando sarà pronto sarà ovviamente sul mercato per tutti con la priorità, beninteso, dei cittadini americani. Non solo perché negli States le procedure per le convalide mediche e la produzione industriale sono più veloci, ma perché i primi 30 milioni di dollari li ha messi la BARDA, ente pubblico americano che sta per Biomedical Advanced Research and Developmnet Authority. Qualcuno ha provato a metterla in politica facendo passare l’annuncio della multinazionale francese come una provocazione alle autorità europee, troppo lente, macchinose e avare in tema di Covid. La risposta arriva dall’EMA, che pensa di trovare il vaccino prima, entro un anno, mentre la Commissione di Bruxelles è pronta a un fondo da 2,4 miliardi per sostenere la ricerca nel continente. Comunque vadano a finire le cose, una riflessione su tutte deve essere chiara. Il diritto alla salute, in base al quale le democrazie occidentali hanno fatto e stanno facendo l’impensabile, cioè sospendere le nostre libertà fondamentali, è una chimera, inteso come diritto universale ugualitario. Chi più paga, più ha e prima degli altri. Neanche dopo lo shock dell’11 settembre si era riusciti a piegare così velocemente i nostri diritti, lavoro, privacy, istruzione, movimento, relazioni. Lo si è fatto, e tutti ci siamo stati, sulla base di regole date da comitati tecnici che hanno esautorato Parlamenti e liturgie varie del dialogo politico. Lo abbiamo fatto perché ci sembrava prioritario salvare le vite umane, la nostra e quella degli altri. La scoperta di un vaccino e la sua produzione e accessibilità su scala mondiale metterebbero fine a questo tsunami che ha sconvolto le nostre abitudini e le nostre economie. Sarebbe per diritto, una cosa per tutti, per il bene di tutti. Al di là di chi paga. Difficile trovare nella storia pandemie che non abbiano esasperato le disuguaglianze sociali, ma che tristezza vedere coinvolti nel meccanismo i paesi, America e Francia, che nel XVIII secolo ci hanno dato le Carte della nostra modernità.

Claudio Brachino