Nadal “Ho incertezze e paure, ma vivo il tennis con passione”

MILANO (ITALPRESS) – Vince da una vita. Anzi stravince anche adesso che la carta d’identità dice 34. Ha scritto la storia del tennis insieme ad altri campioni della sua generazione come Roger Federer e Novak Djokovic, ha vinto 20 Slam, è il re del Roland Garros, eppure Rafa Nadal da Manacor, in un’intervista al Corriere della Sera, confessa: “ogni volta me la faccio sotto”. Difficile crederlo quando vinci 13 finali su 13 a Parigi. “Non lo so neppure io come, ma se è successo a me, può succedere a un altro. Io sono una persona normale. Con le mie incertezze, le mie paure – racconta -. Paura di perdere, mai. Però penso sempre di poter perdere. Lo penso tutti i giorni, contro qualsiasi avversario. E questo mi aiuta moltissimo. Le mie paure? Ho paura della malattia. Ho paura per le persone cui voglio bene. Non del Covid, sono ancora abbastanza giovane, il fisico ancora risponde. Però, se mi infetto, posso infettare persone a rischio. Sono preoccupato per i miei genitori, per la mia famiglia. Per la mia comunità. E’ il momento più duro nella nostra vita. Per questo è il momento di lottare, per cose molto più importanti di una partita di tennis. Dobbiamo coltivare la fiducia”. Per Nadal il segreto per resistere è “avere sempre un obiettivo nella vita. Una speranza. Un’illusione, se necessario”.
Innamorato della sua Spagna e di Manacor (“Mi sento profondamente manacorì, maiorchino, spagnolo ed europeo. E mi sento quattro volte fortunato”), Nadal parla del suo rivale di sempre. “Roger Federer è uno dei più grandi uomini nella storia dello sport. Per me è un altro compañeros. E’ stato il mio grande rivale, questo ha giovato a entrambi e un poco pure al tennis. Abbiamo diviso un tratto di vita. In alcune cose ci assomigliamo: teniamo alla tranquillità, alla famiglia. In altre siamo diversi. Lui è svizzero. Io sono latino. Abbiamo caratteri, culture, modi di vita differenti”. Nadal parla anche dei suoi rituali durante la gara e quelli che vengono definiti i suoi tic li definisce: “un modo di mettere ordine nella mia testa, per me che normalmente sono disordinatissimo. Sono la maniera per concentrarmi e zittire le voci di dentro. Per non ascoltare nè la voce che mi dice che perderò, nè quella, ancora più pericolosa, che mi dice che vincerò”. Giocare senza tifosi è “triste. Mancano i colori, le grida, la passione”. Ha vinto tutto, sempre e collezionando record, eppure il tennis stava per perderlo. “A 19 anni, avevo appena vinto il primo Roland Garros, mi dissero che non avrei più potuto giocare, per una malformazione al piede sinistro. Il dolore era tale che mi allenavo a colpire la pallina seduto su una sedia in mezzo al campo. Poi sono guarito, grazie a una soletta che cambiava la posizione del piede, ma mi infiammava le ginocchia…”.
Dopo la sconfitta nella finale di Wimbledon 2007 con Federer, Nadal pianse negli spogliatoi “disperatamente. Per un’ora e mezza. Perchè a volte la disillusione è terribile; anche se è solo un incontro di tennis. Ho pianto di dolore quando, nella finale degli Australian Open con Wawrinka nel 2014, mi sono infortunato alla schiena dopo aver vinto il primo set. Ho perso, ma ho portato a termine l’incontro; perchè non ci si ritira da una finale Slam”. Ha anche pianto di gioia, del resto si definisce “una persona sensibile, emotiva. Vivo lo sport con grande passione”. Si dice che Nadal abbia meno talento di Federer. “Ognuno di noi ha il suo talento. A qualcuno viene tutto facile; altri sanno resistere più a lungo sul campo. Lei può avere il talento di scrivere un buon articolo in mezz’ora; ma se un suo collega sa lavorare per sei ore di fila e tirar fuori un articolo ottimo, sarà un giornalista più talentuoso di lei”. Gli anni sono 34, ma Nadal non si ferma. “La vita degli atleti si è allungata. C’è emulazione tra noi: se lui ce la fa, perchè io no? Poi ci sono altri fattori. La fortuna. L’istinto per la competizione. La tenuta ad alto livello. Non so quando mi ritirerò, il tennis è un gioco della mente; non è matematica. Quando sarà il momento, lo saprò”. E mai getterà la racchetta in campo: “Da piccolo mi hanno insegnato che non si fa. Sono io che sbaglio, non la racchetta”.
(ITALPRESS).