Barella “Grato a Conte e Mancini, Lukaku grande leader”

MILANO (ITALPRESS) – Nel centrocampo dell’Inter e della Nazionale c’è un ragazzo, Nicolò Barella, che è già diventato campione. Classe 1997 il cagliaritano si è preso la scena in poco tempo con la maglia della squadra della sua città, conquistando subito l’interesse delle grandi e la stima di Roberto Mancini che non ha esitato a puntare su di lui nella sua Italia. In un’intervista rilasciata nella nuova puntata Linea Diletta di Dazn, Barella parla di tutto, a cominciare dal suo soprannome “Radiolina” che risale a qualche anno fa. “Me lo diedero i ‘vecchì del Cagliari come Cossu, Sau e gli altri perchè quando ero arrivato in prima squadra, giovanissimo, non parlavo mai, mentre quando ho iniziato a giocare mi accusavano di non riuscire più a stare zitto, dicevano che ero diventato una ‘radiolinà e che mi preferivano taciturno come ero prima”, spiega Barella che dopo aver bruciato le tappe nella squadra della sua città, ha detto sì all’Inter dove ha trovato un Antonio Conte pronto a esaltarne le caratteristiche, ma anche a migliorarne alcuni aspetti. “A casa sono maniaco dell’ordine. Adesso un pò lo sto diventando anche in campo, soprattutto grazie ad Antonio Conte: prima ero più spirito libero, ora il mister mi ha dato tante nozioni, mi ha insegnato a scegliere i momenti”, spiega Barella.
“Io in campo studio molto. Giocando con grandi campioni cerco di rubare qualcosa a ciascuno di loro, li osservo e le parti migliori cerco di farle mie”, aggiunge il centrocampista nerazzurro che racconta anche come tutto è cominciato. “Ho iniziato a giocare a calcio a tre anni e mezzo. Mia madre mi ha raccontato che gli allenatori le dicevano di portarmi al campo e che tanto avrei passato il tempo lì a fare i mucchi di sabbia, invece stavo già sempre attento, ascoltavo i mister con attenzione: da lì mio padre ha capito che c’era qualcosa. Quando ero adolescente mi sono reso conto che ero un pò più bravino degli altri e forse potevo ambire a fare qualcosa”. Aveva visto giusto e ben presto ha realizzato i suoi sogni, tra questi quello di incontrare e conoscere una vera leggenda del calcio italiano. “Che emozione incontrare Gigi Riva! Avevo 17 anni, mi avevano invitato a partecipare ad un anniversario della Scuola Calcio Gigi Riva dove anch’io avevo cominciato a giocare… – racconta Barella -. Tutti correvamo attorno a lui e lui mi raccontò che mi seguiva, che sapeva che giocavo bene: non mi ricordo bene le parole perchè ero troppo frastornato”.
Da Riva a Gianfranco Zola. “E’ stato mio allenatore, il primo che mi ha fatto esordire, in un Parma-Cagliari di Coppa Italia: gli devo tanto. Zola è la persona più umile che abbia mai conosciuto nel mondo del calcio: questo mi ha fatto capire che c’è l’umiltà alla base dei successi anche dei più grandi campioni. Lui è un maestro”, racconta Barella, emozionato quando c’è da parlare di un ruolo che ha presto ricoperto. “Indossare la fascia di capitano del Cagliari è stata la mia più grossa soddisfazione. Sono diventato il più giovane capitano della storia rossoblù: mi sentivo quasi invincibile”. Dava tutto in campo per la maglia rossoblù, ma poi al ‘Casteddù ha anche fatto male da avversario.
“Incredibile che i gol che più ho fatto in Serie A siano stati contro il Cagliari. E’ stato strano segnare contro la mia ex squadra: ero contento, ma dispiaciuto, mi sono emozionato. Mi spiace che qualcuno abbia insinuato che ho gioito: qualcuno vede del male in ogni cosa e mi è dispiaciuto per i miei familiari”. Il suo idolo giocava con la maglia che Barella indossa adesso. “Dejan Stankovic è un numero 1! I suoi gol riempivano gli occhi, ma il suo atteggiamento da leader in campo, anche senza parlare, era clamoroso. Vedere San Siro che impazziva per lui era emozionante anche solo dalla tv”.
Ora l’Inter ha altri leader e su tutti spicca Romelu Lukaku.
“Ha una potenza fisica alla Shaquille O’Neal: nessuno riesce a spostarlo nemmeno in allenamento, servono tre giocatori per bloccarlo. Romi è un grande leader: riesce ad avere una buona parola per tutti, ha un buon rapporto con tutti e poi in campo è determinante come nessun altro. Quando è arrivato è stato incredibile: parlava già italiano! Però per lui dev’essere facile: sa tutte le lingue del mondo! E’ fortissimo”. Spazio anche per la Nazionale, anche in azzurro Barella è diventato subito protagonista. “La Nazionale è il sogno di qualsiasi calciatore: sono molto orgoglioso di esserci arrivato così giovane. Devo tanto al ct Mancini, che ha creduto in me già quando ero a Cagliari. Mancini ha creato un grandissimo gruppo e non è mai facile col poco tempo che si ha per la Nazionale. C’è un clima bellissimo nel gruppo: Mancio ha lasciato massima tranquillità a tutti, siamo liberi di esprimerci, non ci sono grandi e piccoli, anzi i grandi aiutano i giovani. Chiello – racconta il centrocampista – è la mamma di tutti noi! Chiellini è più protettivo di un papà: è davvero protettivo come una mamma, ha sempre fatto sentire importanti anche a noi giovani, ci ha trasmesso fiducia”.
Tante soddisfazioni in carriera, ma anche l’attesa per un trofeo solo sfiorato qualche mese fa. “Perdere la finale di Europa League è stata la più grande delusione della mia carriera da calciatore. Ce la saremmo meritata quella Coppa”. Chiusura dedicata alla famiglia con Barella che sta per diventare papà della terza figlia. “La mia famiglia assolutamente non è una distrazione, anzi, è qualcosa che mi dà ancora più forza per renderli orgogliosi. I tifosi cantano ‘Vogliamo 11 Barellà e io sto mettendo su una squadra di calcio femminile: io seguo il calcio femminile e sarei felice di realizzare i loro sogni, nel calcio o nel basket o nella danza…insegnerò loro a dare il 110% in tutto”.
(ITALPRESS).