Imprese, industria e costruzioni delocalizzano meno

La Lombardia negli ultimi dieci anni è diventata un territorio sempre attraente, a tal punto che le stesse imprese lombarde tendono sempre meno a delocalizzare e a rimanere nei distretti produttivi dove sono nate. Lo conferma un’analisti condotta da Polis-Lombardia e pubblicata dal sito regionale www.lombardiaspeciale.regione.lombardia.it. Nello studio appare chiaro che la delocalizzazione delle attività produttive lombarde all’estero ha subito una contrazione nell’ultimo decennio, in particolare quelle attuate tramite accordi/contratti. Il censimento è stato effettuato nel 2019 ed è riferito al 2018, ha riguardato 280 mila imprese con 3 e più addetti, di cui quasi 40 mila lombarde rappresentanti le quasi 195 mila imprese con almeno tre addetti presenti sul territorio regionale. Le imprese con almeno 10 addetti che hanno delocalizzato dal 2011 al 2018 attraverso investimenti diretti esteri (IDE) sono passate da 800 a 719 con un calo del 10%.  Quelle attraverso contratti sono passate da 1.942 a 913 con un calo del -53% e quelle che avevano in capo entrambe le modalità di delocalizzazione, sono passate da 100 a 33, con un calo pari al -67%. Per quanto riguarda i comparti, quelli dell’industria e delle costruzioni sommati sono passati dal 52% al 46% del totale, in favore dei servizi non commerciali che sono passati dal 31% al 37% del totale (mentre il commercio è rimasto al 17%). In calo anche la percentuale delle imprese che hanno delocalizzato in riferimento ai settori di afferenza dove ,invece, si evidenzia una leggera contrazione in tutti i settori produttivi. Nell’analisi si evidenzia una contrazione dell’industria, passata dal 56% del 2011 al 53% del 2018 e delle costruzioni, passate dal 7% del 2011 al 5% del 2018, il commercio è rimasto al 17% mentre i servizi non commerciali sono aumentati, ma solo relativamente, passando dal 20% fino al 25%. Osservando la dimensione d’impresa, espressa come numero medio di addetti, emerge che sono soprattutto le grandi imprese a delocalizzare, con una netta preferenza per la modalità degli IDE, mentre per le medie e piccole imprese che svolgono almeno parte della produzione all’estero la modalità prescelta è quella dell’accordo/contratto. La delocalizzazione nei paesi europei e in quelli asiatici, è principalmente dovuta al minor costo del lavoro in prima istanza e all’accesso a nuovi mercati in seconda battuta. La scelta di delocalizzazione non implica necessariamente una contrazione dell’attività realizzata in Italia, oltre otto imprese ogni dieci che ha svolto parte dell’attività produttiva all’estero si è posta comunque come obiettivo strategico l’incremento dell’attività in Italia (contro una media di 6 imprese ogni dieci tra quelle che non hanno delocalizzato). La delocalizzazione sembra quindi rientrare maggiormente in una strategia espansiva, in cui la contrazione del costo del lavoro è molto rilevante, seguita dall’accesso ai nuovi mercati.
(ITALPRESS).