SI APRONO I GIOCHI DI TOKYO: L’OLIMPIADE E’ DONNA

L’Olimpiade è donna. Questo è il messaggio più importante lanciato dai Giochi di Tokyo appena inaugurati con una cerimonia lunghissima. Come sempre. Gli organizzatori erano stati sollecitati ad abbreviare al massimo il tradizionale debutto degli atleti del pianeta, ma essendo questi appartenenti a 206 Paesi riconosciuti dal Cio meglio non si poteva fare. In fondo questo è il dato politico più significativo che viene esibito ogni quattr’anni – cinque in questo caso – dal movimento olimpico: l’Onu spesso immobile, ovviamente surclassata sul piano dei risultati, di Paesi ne rappresenta solo 193. E quanto sia potente il Cio lo sanno – come dicevo – soprattutto le donne che nella cerimonia di Tokyo hanno dominato non solo per immagini, risultando le più appetite dalle telecamere, ma per la scelta sociopolitica fatta dall’organismo presieduto da Thomas Bach. La parità di genere è stata realizzata ed esaltata dal doppio portabandiera, un uomo e una donna, a partire dal giuramento olimpico, significativamente pronunciato da una coppia di atleti, una coppia di tecnici, una coppia di arbitri. Ed è stata sottolineata anche dalla rappresentanza di portabandiera olimpici, tre uomini e tre donne, fra le quali la nostra splendida Paola Egonu da Cittadella. Fra i momenti salienti sempre femminili – e non mi attarderò come in passato a celebrare la bellezza delle ragazze come Federica Pellegrini, scelta oggi condannata dal politicamente corretto – l’apparizione di Agnes Keleti, la ginnasta ebrea ungherese festeggiata per i suoi cent’anni, vincitrice di dieci medaglie olimpiche (cinque d’oro) a partire dai Giochi Olimpici di Helsinki 1952 (in cuor mio una dedica a Ondina Valla, la prima italiana a vincere l’oro alle Olimpiadi di Berlino 1936: l’ho conosciuta, grande atleta e grande donna). Per finire, il saluto del Giappone portato a fine cerimonia da Seiko Hashimoto, fino a ieri ministra per lo Sport con la delega alla preparazione delle Olimpiadi, nuova presidente del comitato organizzatore di Tokyo 2020 in seguito alle dimissioni dell’ex presidente Yoshiro Mori, 83 anni, già primo ministro dell’Impero costretto a dimettersi per una infelice frase sessista. Seiko Hashimoto per fortuna non ha ricevuto la nomina solo per esser donna: come atleta ha partecipato a sette Olimpiadi, quattro invernali e tre estive. Fatti non chiacchiere.
Ho scelto l’argomento Donna per questi Giochi anche se nelle mie esperienze olimpiche sono sempre state protagoniste, dimostrando come lo sport sia superiore alle estemporanee manifestazioni sociopolitiche organizzate da perditempo. Il Mondo Donna ha goduto di uno spot planetario mentre brillanti commentatori riempivano i media di critiche ai Giochi per le spese eccessive sostenute per organizzarle (dai giapponesi, non da noi), per gli spalti vuoti, per la sfida al Covid. Hanno scoperto, i fini dicitori, che le Olimpiadi sono soprattutto uno spettacolo televisivo che porta rari vantaggi alla carta stampata. Ha detto bene Bach, infine – sfidando i retori dell’antiretorica – mentre lo Stare Insieme diventava il messaggio chiave dei Giochi: “Questa sensazione di unione è la luce in fondo al buio tunnel della pandemia… E la fiamma olimpica farà brillare ancora di più questa luce”.